Immaginatevi nel Salento pochi giorni dopo Ferragosto a combattere con il caldo asfissiante alla ricerca spasmodica di un po’di refrigerio. Che cosa fareste? La maggior parte di voi probabilmente andrebbe al mare, col solo dubbio relativo alla scelta del versante, dubbio risolto dai più esperti al primo soffio di vento.
Eppure, tra una torrida giornata e l’altra, il meteo decide per una volta di essere magnanimo ed ecco, quindi, che ci concede un paio di giorni di tregua con la presenza di qualche temporale estivo. A questo punto, risulta complicato riversarsi sulle magnifiche spiagge e sulle calde scogliere della penisola; pertanto, è la nostra passione enoica a condurci inevitabilmente in una Cantina della zona alla ricerca di un po’ di frescura.
Prima, però, facciamo un passo indietro per parlare ed inquadrare dal punto di vista storico-culturale il luogo che ospiterà questo nostro viaggio sensoriale. Come già accennato, ci troviamo nel Salento l’estremità più orientale d’Italia nella quale è il solleone a farla da padrone, arroventando l’asfalto e talvolta togliendo il fiato.
Se, invece, passeggiando per qualche paesino della zona si lamenta la medesima mancanza di respiro ed un leggero tremore ai piedi, in quel caso sono i sintomi della calura estiva a fondersi con quelli dettati da un ritmo forsennato e convulso di battiti e sonagli di tamburello. In questa occasione, però, non c’è da preoccuparsi, è una semplice reazione fisiologica del vostro corpo all’udire della musica popolare salentina, nota ai più col nome di “pizzica”. Quà è pur sempre il mito della taranta a farla da padrone.
Origine e storia del Salento.
Il Salento in passato fu una terra abitata dai Messapi e l’etimologia di quest’ultima parola è proprio "popolo tra i due mari", ovvero Ionio e Adriatico. Basterebbe conoscere il significato del nome di questo popolo per intuire l’essenza di questa terra e delle popolazioni che si sono susseguite nel corso della storia, dai Greci, per poi passare ai Romani e giungere quindi alla fine dell'800 con il Regno d'Italia, e ritrovarci ai giorni nostri con una moltitudine di minoranze etniche e linguistiche dovute proprio a questo crocevia di popoli e culture.
Questo territorio era conosciuto a fine '800, con il nome di Terra d'Otranto ed era
costituito da un'unica provincia con capoluogo Lecce. Successivamente, all'inizio del secolo scorso, è stata istituita prima la provincia di Taranto e poi la provincia di Brindisi.
In funzione a quanto detto, quindi, è bene sottolineare come il territorio sia molto diverso per caratteristiche storiche, linguistiche e culturali dal resto della Puglia.
Dal punto di vista geografico la linea immaginaria che divide il Salento dal resto della Puglia va dal Golfo di Taranto che si affaccia sul Mar Ionio all'antica città di Egnazia, sita nel comune di Fasano, sul Mar Adriatico.
Dunque, se vi ritroverete a parlare con una persona originaria del Salento fate molta attenzione a non dargli del “pugliese”, poiché potreste urtare la sua sensibilità.
Il paesaggio risulta a primo impatto inconfondibile, caratterizzato da una miriade di ulivi secolari, molti di questi purtroppo distrutti dalla piaga della xylella, da strade e campagne delimitate da affascinanti muretti a secco. Agli occhi spicca subito anche la “terra russa” (terra rossa), che deve il suo colore rossastro ad un’elevata presenza di ferro nel suolo. La vegetazione ed il paesaggio, però, non sono composti solo da ulivi e muretti a secco, bensì si contendono la vista straordinaria con pale di fico d’india e altri arbusti della macchia mediterranea per delimitare i confini degli appezzamenti, all’interno dei quali, in svariate zone del Salento, è possibile imbattersi nella coltivazione della vite. Girovagando per queste zone potreste rimanere sorpresi dalla quantità di filari coltivati a spalliera e, se sarete fortunati, potreste imbattervi anche in qualche appezzamento costituito da vecchie viti coltivate ancora ad alberello dalle sapienti mani dei vignaioli e dei contadini del posto.
A livello paesaggistico-architettonico ciò che ruba l’attenzione, come precedentemente detto, sono sicuramente i famosi muretti a secco, i quali venivano costruiti con pietre ricavate dal terreno stesso nel momento in cui veniva bonificato e spietrato. Con la medesima tecnica venivano costruite delle strutture con funzione di ricoveri, sia di attrezzi che per gli animali, quest’ultimi di fondamentale importanza per le lavorazioni dei campi a causa dell’assenza di meccanizzazione. Talvolta queste capanne, che nel Salento prendono il nome di “pajare” e che possono ricordare costruzioni simili ai Trulli nel barese o ai Nuraghe in Sardegna, risultavano anche d’ausilio al contadino, il quale la utilizzava come alloggio provvisorio durante le giornate di lavoro più intenso nelle campagne, come ad esempio quelle dedicate alla raccolta delle olive.
In questo lembo di terra il territorio si presenta dolcemente ondulato, nel quale, oltre alla nota macchia mediterranea, è possibile trovare altre tipologie di piante quali fichi, mandorli, querce (per lo più lecci), ed altre.
Masseria “Li Veli”
Fatta un’introduzione al contesto storico-culturale, e sperando di essere riusciti nell’impresa di avervi portato in questo breve viaggio immaginario tra le bellezze del Salento, torniamo a noi, alla nostra sete di curiosità nella ricerca di profumi e “sorsi” del territorio.
La nostra scelta ricade sulla cantina "Masseria li Veli", situata nel brindisino, più precisamente nel comune di Cellino San Marco.
Ad accoglierci troviamo la signora Teresa, la quale ci condurrà in questo percorso raccontandoci la storia dell’azienda e facendoci vedere ogni singola fase produttiva: dal vigneto, alla tramoggia (in cui viene scaricata l’uva appena raccolta), alle sale (in cui avviene prima la vinificazione e successivamente l’affinamento), per poi concludersi nella zona di imbottigliamento ed etichettatura del prodotto.
La visita condotta dalla signora Teresa, infatti, parte proprio dall’esterno, con una visuale su quelli che sono i vigneti della proprietà, ed è in questo momento che le nostre orecchie sono tutte per lei.
Nelle immediate vicinanze sono state ritrovate tracce di civiltà molto antiche, ma, nonostante ciò, i primi documenti che certificano la costruzione dell’azienda, su
commissione del Marchese Antonio De Viti De Marco, deputato dell'allora Regno d'Italia, risalgono alla fine dell’800.
Il Marchese aveva idee molto attuali, documentate dai primi contratti di lavoro con i coloni, ai quali già allora venivano riconosciuti molteplici diritti “moderni”, tra cui, ad esempio, il diritto ad un salario, ad un alloggio e alle ferie. I coloni, però, il più delle volte erano gente povera e che non aveva avuto la possibilità di avere un’istruzione di base; pertanto, non erano in grado né di leggere e né di scrivere, di conseguenza la loro firma sul contratto di lavoro corrispondeva ad una croce.
È proprio da questo ritrovamento che nasce il logo dell’attuale azienda, la quale vuole mantenere un contatto diretto con quelle che sono state le sue origini ed i suoi trascorsi.
In principio, i sogni del Marchese erano quelli di fare un vino di qualità, ma col passare del tempo questi si sono affievoliti sempre di più per molteplici motivi,
fino a spegnersi del tutto. Nel frattempo, la Cantina ha continuato a produrre vino sotto la guida di altre proprietà fino al 1999, anno in cui subentrano i nuovi proprietari, i fratelli Edoardo ed Alfredo Falvo, prima come soci e poi rilevando interamente l'azienda nel 2008.
La famiglia Falvo è quindi l’attuale proprietaria dell’azienda; questa non rappresenta la loro prima esperienza nel mondo del vino. La famiglia Falvo, infatti, si è prodigata per quarant’anni nella zona di Montepulciano, in Toscana, nella loro terra d’origine, nel portare in auge il nome del vino nobile di Montepulciano e del Vin Santo con la gestione della storica azienda vinicola “Avignonesi”.
I Falvo sono, quindi, rimasti affascinati dai sogni del Marchese, tanto da prenderseli a cuore e facendoli propri, dandosi l'obiettivo di produrre vini di qualità sfruttando le caratteristiche e le peculiarità dei vitigni (Susumaniello, Primitivo, Negroamaro, Aleatico, Malvasia nera, Fiano, Verdeca) del territorio, e del terroir in tutta la sua essenza.
Attualmente, fanno parte della proprietà 59 ettari vitati che si trovano tutti intorno
alla masseria, con una coltivazione sia ad alberello che a spalliera (cordone speronato). Ne consegue, quindi, che le uve vengono raccolte sia a mano che meccanicamente in base alla qualità ed al tipo di coltivazione.
Il suolo è composto per lo più da sabbie calcaree
miste a fossili e argilla. L'unione delle caratteristiche del terreno e dei venti che arrivano dal mare generano un perfetto connubio in grado di garantire la produzione di vini di qualità che strizzano l’occhio alla leggerezza e all’eleganza.
Quando l'azienda è nata intorno agli anni 2000 produceva circa 250.000 bottiglie, attualmente ne produce circa 700.000, con un incremento graduale nel tempo, con lo scopo di raggiungere in futuro il 1.000.000 di bottiglie, anche grazie all’acquisizione di nuovi terreni.
L'attuale produzione è suddivisa in:
Vini bianchi: Fiano e Verdeca;
Vini rosati: Negroamaro, Susumaniello e Primitivo;
Vini rossi: Negroamaro, Susumaniello, Primitivo e Malvasia nera;
Vino passito: Aleatico (fatto affinare i botti piccole di rovere con un invecchiamento di 7 anni ed una produzione che non supera le 600 bottiglie).
I vini bianchi ed i rosati vengono affinati solo in acciaio, a differenza dei vini rossi che effettuano un affinamento in botti di varie dimensioni, che vanno dalla barrique alle botti grandi. Il periodo di affinamento e la tipologia di legno utilizzato variano a seconda delle caratteristiche finali che si vogliono ottenere, in relazione al disciplinare ed alle peculiarità del vigneto da cui proviene l’uva.
Che l’azienda sia rivolta all’innovazione e alla ricerca del costante miglioramento è possibile notarlo anche alla vista delle anfore, le quali rappresentano un ulteriore tipo di affinamento, che sarà soggetto ad una costante micro-ossigenazione e non verrà influenzato dalle caratteristiche nel contenitore; le note olfattive e gustative verranno, pertanto, originate semplicemente dall’uva e dalla fermentazione.
Detto ciò, in realtà le anfore in queste zone sono state utilizzate da sempre, l’unica differenza era rappresentata dalla forma e dalle dimensioni, prendendo il nome “ozza”.
In anfora vengono affinati la Malvasia nera e il Susumaniello per un periodo che va dai 6 ai 9 mesi.
Facendo dunque un sunto sulle varie tipologie di affinamento:
Acciaio >>> Bianchi/Rosati
Barrique >>> Passito
Tonneaux >>> Riserva
Botti grandi >>> Rossi (Negroamaro, Susumaniello e Primitivo)
Anfora >>> Rossi (Susumaniello e Malvasia nera)
Le botti non sono tostate e vengono utilizzate anche per 7/8 passaggi (questo per non appesantire il vino con note legnose) cercando di valorizzare le caratteristiche delle uve stesse.
Degustazione a Masseria Li Veli.
Al termine della visita guidata era prevista la degustazione dei seguenti vini:
Verdeca 2023
Rosato di Negroamaro 2023
Primitivo 2022
Susumaniello 2022
Riserva Salice Salentino DOC 2021
“Askos” Verdeca IGT 2023
13% vol.
Affinamento in acciaio successivamente a criomacerazione e fermentazione malolattica.
Si presenta con un colore giallo paglierino con riflessi verdi, da cui appunto il nome “Verdeca”.
All'olfatto si percepiscono subito intense note di Ananas e frutti esotici più in generale, note di agrumi ed in particolare di cedro, sentori erbacei e floreali da campo con un finale che riconduce al gelso e all’ammandorlato. Sicuramente complesso.
In bocca i sentori vengono confermati tutti e si nota, inoltre, una certa freschezza e sapidità che comunque non fa passare in secondo piano la persistenza.
Questo vino risulta una piacevole scoperta, dal momento che non è semplice trovare in commercio un Verdeca in purezza che si esprima in un modo così importante.
Degustandolo alla cieca potrebbe trarre in inganno anche i nasi più esperti.
Negroamaro rosato “Sybar” IGT 2023
12,5% vol.
Affinamento in acciaio
Alla vista il colore appare rosa tenue
All'olfatto si presenta con note sia floreali che fruttate, in prevalenza sentori di mora selvatica
Al palato è risultato sapido, fresco e minerale.
Sybar 2023 è un vino di facile beva, non impegnativo e senza pretese. Non necessita per forza di un abbinamento e alla corretta temperatura di servizio si consiglia per un aperitivo estivo, perché no in riva al mare.
Primitivo “Orion” IGT 2022
14% vol.
Affinamento in botti grandi per circa sei mesi
Vigneti che vanno dai 10 ai 20 anni di età.
Di colore rosso rubino
All'olfatto si presenta con note fruttate e floreali. Le note di frutta richiamano la mora di gelso, l'amarena, la prugna con un accenno alla speziatura (pepe rosa), il floreale riconduce ai fiori locali spontanei. Altre note dovute all'affinamento in legno riportano al pepe nero e alla liquirizia.
Al palato è caldo con tannini delicati ed una buona persistenza.
Di corpo leggero/medio e di facile beva.
Tra l'altro, mentre visitiamo la cantina, quest’uva è in fase di vendemmia.
“Askos” Susumaniello IGT 2022
14% vol.
Affinamento sia in anfora che in botti grandi
Di un colore rosso rubino con riflessi porpora.
All'olfatto si sentono note floreali e fruttate di amarena, frutti di bosco ed altra frutta rossa in generale. Le note derivanti dall'affinamento in legno sono quelle di pepe, liquirizia e altre spezie.
Al palato è caldo e conferma i sentori del naso. Vengono messe in risalto note balsamiche accompagnate da una discreta persistenza.
Facile da bere con leggeri tannini.
“Susumaniello” deriva letteralmente dalla parola “somarello”, poiché quando la vite è giovane produce una tale quantità di uva che carica la pianta appunto come un somarello.
Riserva Salice Salentino “Pezzo Morgana” DOC 2021
15.5% vol.
Affinamento di 12 mesi tra tonneaux e botti grandi.
Di un colore rosso rubino con riflessi granati
All'olfatto presenta una grande complessità, la quale è data da note floreali, fruttate e minerali. Spiccano nitidamente sentori di frutti di bosco, vaniglia e note di cuoio.
Al palato è caldo e vellutato, gradevole ed intenso. Il suo stile è preciso, definito ed elegante.
Negroamaro in purezza prodotto da un solo appezzamento costituito da viti di 26 anni, tutte coltivate ad alberello e soggette ad una vendemmia manuale.
Il nome di questo vino deriva dall’omonimo appezzamento sul quale è posto il vigneto “Pezzo Morgana”, da cui derivano le uve.
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